L’uomo ha esplorato ormai la maggior parte del pianeta Terra, eppure moltissimo rimane ancora da scoprire in merito alle profondità oceaniche. Proprio sul fondo degli oceani potrebbero essere celate informazioni grazie alle quali potremmo comprendere meglio la geologia, l’evoluzione e la storia del pianeta Marte.
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Il paradosso di Marte e i misteri dei fondali oceanici
Grazie alle missioni spaziali che hanno raggiunto la superficie del pianeta rosso e che sono state in grado di fotografare la superficie, gli scienziati oggi possiedono nozioni estremamente specifiche in merito alla composizione del suolo e alla conformazione della superficie di Marte.
Nonostante il fatto che sia arrivato a toccare quasi con mano il pianeta più vicino alla Terra, però, l’uomo possiede ancora una quantità di informazioni molto limitate in merito ai fondali oceanici e alla sue evoluzioni geologiche.
Nel 2018 i ricercatori della Stanford University hanno raccolto una serie gigantesca di dati in merito ai fondali oceanici. Questi dati sono stati prodotti a partire dalle analisi effettuate da navi o piccoli veicoli sottomarini in grado di utilizzare il sonar multiraggio per creare mappe molto dettagliate dei fondali oceanici.
Si tratta, in pratica, di tutto quello che l’uomo sa attualmente in merito a questa misteriosa porzione della crosta terrestre
Lo studio comparato dei dati in loro possesso ha portato i ricercatori di Stanford ad affermare che i canyon sottomarini non si sono formati come i canyon terrestri. Al contrario, hanno avuto storie geologiche completamente differenti nonostante le apparenti somiglianze che intercorrono tra essi.
Sulla terra i cambiamenti del profilo dei canyon vengono innescati da poderosi smottamenti del terreno oppure da imponenti eventi di inondazione che hanno rimodellato alte coste rocciose.
Secondo le ricerche degli geologi di Stanford, invece, sott’acqua il profilo dei canyon viene scolpito da frane periodiche, generate da cause differenti: ripidità estrema di alcuni pendii, attività sismica, grandi tempeste invernali.
Questi eventi di enorme portata finiscono per generare e convogliare lungo direttrici precise un’imponente massa di sedimenti. Lo sfregamento di questi flussi di detriti lungo i fondali oceanici, delinea e modella i profili dei canyon sottomarini.
Il canyon oceanico di Monterey si estende dal Moss Landing (California), al centro della Baia di Monterey da cui prende il nome, fino a 95 miglia marine nell’Oceano Pacifico.
La sua massima profondità è di 3.600 metri sotto il livello del mare, ma la profondità reale del Canyon è molto inferiore: profondo in media quanto il Grand Canyon, misura in media “solo” 3200 metri di altezza.
Grandi canyon oceanici simili a quello di Monterey si trovano oggi alla foce dei grandi fiumi del mondo, per questo i geologi si sono convinti che il Canyon sia stato scavato in passato a un grande fiume simile all’Hudson attualmente scomparso ma che ha lasciato un enorme letto sedimentario sul fondo del canyon, dove oggi vivono e prosperano molte forme di vita.
Lo spessore dello strato di sedimenti fondo del canyon è tale da scoraggiare l’idea che si sia formato soltanto grazie all’accumulo di detriti trasportati dai fiumi attuali. I ruscelli e fiumi di portata limitata attualmente presenti nella zona costiera della California, infatti, non riuscirebbero a smuovere una tale massa di detriti.
Come già accennato, però, la profondità a cui il canyon si trova è tale da rendere estremamente difficoltose le operazioni di recupero e di analisi dei detriti più antichi, giacenti su livelli estremamente profondi del letto sedimentario. Questo significa che è a oggi impossibile determinare con assoluta certezza la provenienza dei detriti che costituiscono il fondo del canyon oceanico di Monterey.
I dati raccolti grazie alla scansione tramite sonar hanno permesso però di definire la netta somiglianza tra le forme dei letti fluviali scavati dall’acqua sulla superficie terrestre e quella dei canyon sotomarini, stabilendo che si siano formati attraverso processi simili di erosione e di modellazione della terra.
Nuove possibilità di studio della superficie di Marte
I ricercatori di Stanford hanno affermato che gli studi condotti negli scorsi anni potranno avere un impatto molto positivo sugli studi in merito alla storia geologica di Marte, la cui superficie presenta formazioni geologiche estremamente simili sia ai canyon terrestri sia a quelli oceanici che gli scienziati hanno recentemente mappato.
Inoltre, gli studi dei ricercatori della Stanford University potrebbero essere estremamente rilevanti anche per il lavoro delle società di telecomunicazioni, i cui cavi attraversano spesso zone oceaniche.caratterizzate da conformazioni simili a canyon, la cui evoluzione geologica potrebbe pesantemente impattare sull’integrità e quindi sul funzionamento dei cavi tesi attraverso i fondali oceanici.
“Le metamorfosi geologiche dei fondali oceanici hanno un impatto enorme sui sistemi terrestri e, fondamentalmente, non sono ancora comprese. Solo ora siamo in grado di eseguire misurazioni geomorfiche rigorose e, grazie ad esse, siamo in grado di fare deduzioni su come influenzano o potrebbero influenzare le attività umane” ha dichiarato il Stephen Dobbs, dottorando di scienze geologiche che ha seguito fin dal principio i progressi delle ricerche della Stanford University.
“La cosa eccitante per me, anche se amo il lavoro sul campo, è che possiamo letteralmente scoprire cose nuove utilizzando strumenti molto semplici, che sono disponibili al pubblico e che sono state messe a disposizione del pubblico grazie a un approccio open source”.
La sfida dei software open source
I software GIS open source finalizzati a processare dati per la creazione di mappe sono attualmente molto numerosi e la totalità di essi viene mantenuta attiva dal contributo di ricercatori e scienziati volontari, che forniscono il proprio lavoro e mettono a disposizione le proprie competenze in maniera completamente gratuita.
Ne è un esempio eccellente il software QGIS, attualmente in uso per una vasta gamma di progetti e uno dei migliori software open source attualmente disponibili in rete.
L’utilizzo di software open source e la pubblicazione immediata dei dati di ricerca è una risorsa preziosissima per l’avanzamento della ricerca scientifica in ogni settore: considerando la vastità di ambiti di applicazione dei sistemi GIS e le loro potenzialità, l’utilizzo di software open source e la pubblicazione dei risultati ottenuti dalle varie ricerche offrono un contributo enorme alla ricerca scientifica in numerosissimi settori.